Il presupposto storiografico del saggio è il nesso forte che la tradizione interpretativa ha stabilito tra i profili patrimoniali delle famiglie aristocratiche del Mezzogiorno contemporaneo e i loro comportamenti economici, sociali, successori e matrimoniali; un nesso che coniuga la preminenza della proprietà terriera con l’unico scopo, antimoderno, anti-borghese e anti-imprenditoriale, di conservarla e di percepirne periodicamente una rendita; un binomio terra-famiglia su cui poggia l’identità e l’esistenza stessa della nobiltà meridionale, ma che s’incrina e si dissolve sotto i colpi degli incalzanti valori borghesi, delle crisi agrarie e del quadro normativo del nuovo stato unitario. Benché non si possa disconoscere la coerenza e l’efficacia esplicativa di questo modello interpretativo tradizionale, nel saggio, al di là di aprioristiche generalizzazioni, se ne è verificata l’applicazione al caso specifico della prestigiosa dinastia ducale dei Caracciolo de’Sangro, per i quali la straordinaria “misura fisica” del patrimonio rurale (15 mila ettari a metà XX secolo) si spinge ben oltre lo sbarramento cronologico rappresentato dalla crisi agraria di fine Ottocento, che, secondo la tradizione storiografica, per la nobiltà meridionale è periodizzante come l’eversione, vale a dire ne rappresenta il limite fisiologico per la tenuta del comportamento economico redditiero-assenteista con tutto il suo corredo di endogamia, patrilinearità, ecc. Posto che il patrimonio rurale dei Caracciolo de’Sangro può essere considerato un sistema integrato di attività produttive e di relazioni sociali specifiche, ossia un organismo formato di persone, risorse naturali e beni di fortuna organizzati secondo determinati obiettivi economici, il saggio analizza questi elementi come “problemi di misura” per inquadrare le variazioni di tendenza di alcuni indicatori economici (cioè il patrimonio fondiario, le attività produttive, la composizione del reddito, ecc.) e sociali (cioè l’organizzazione gestionale, i contratti agrari, le reti di relazioni, ecc.), che sono servite a “misurare” l’intensità della reazione della nobile famiglia meridionale alle forti sollecitazioni e ai grandi cambiamenti del XIX secolo. Sullo sfondo dell’evoluzione complessiva dei micro e macro-ambienti e delle vicende familiari, nel saggio s'intrecciano la misurazione degli elementi propriamente quantitativi del corpus immobiliare agrario dei Caracciolo de’Sangro (estensione, valore venale, ecc.) e delle altre componenti quantificabili (forme d’appoderamento prevalenti, tecniche land-saving e labour-saving, ecc.) con i fattori specificamente sociali, culturali, comportamentali ad esso connessi e che sono alla base dell’organizzazione verticistica e territorialmente capillare della struttura amministrativa e produttiva dell’azienda agraria della famiglia, che si configura come una fitta trama di relazioni personali e rapporti fiduciari che dai legittimi proprietari si dirama per tutto l’insieme sociale coinvolto in essa e ordinato sulla base di mansioni differenziate: da quelle specialistiche di amministratori ed agenti, cui spettano incarichi decisionali e di burocrazia aziendale, a quelle determinate dal regime vincolistico dei contratti agrari per gli affittuari grandi e piccoli, fino a quelle meramente esecutive e di vigilanza di guardiani e custodi.
Nobili padroni e fedeli conduttori nella Murgia salentina. Il sistema aziendale agrario dei Caracciolo de' Sangro di Martina nell'Ottocento
ROMANO, Michele
2007-01-01
Abstract
Il presupposto storiografico del saggio è il nesso forte che la tradizione interpretativa ha stabilito tra i profili patrimoniali delle famiglie aristocratiche del Mezzogiorno contemporaneo e i loro comportamenti economici, sociali, successori e matrimoniali; un nesso che coniuga la preminenza della proprietà terriera con l’unico scopo, antimoderno, anti-borghese e anti-imprenditoriale, di conservarla e di percepirne periodicamente una rendita; un binomio terra-famiglia su cui poggia l’identità e l’esistenza stessa della nobiltà meridionale, ma che s’incrina e si dissolve sotto i colpi degli incalzanti valori borghesi, delle crisi agrarie e del quadro normativo del nuovo stato unitario. Benché non si possa disconoscere la coerenza e l’efficacia esplicativa di questo modello interpretativo tradizionale, nel saggio, al di là di aprioristiche generalizzazioni, se ne è verificata l’applicazione al caso specifico della prestigiosa dinastia ducale dei Caracciolo de’Sangro, per i quali la straordinaria “misura fisica” del patrimonio rurale (15 mila ettari a metà XX secolo) si spinge ben oltre lo sbarramento cronologico rappresentato dalla crisi agraria di fine Ottocento, che, secondo la tradizione storiografica, per la nobiltà meridionale è periodizzante come l’eversione, vale a dire ne rappresenta il limite fisiologico per la tenuta del comportamento economico redditiero-assenteista con tutto il suo corredo di endogamia, patrilinearità, ecc. Posto che il patrimonio rurale dei Caracciolo de’Sangro può essere considerato un sistema integrato di attività produttive e di relazioni sociali specifiche, ossia un organismo formato di persone, risorse naturali e beni di fortuna organizzati secondo determinati obiettivi economici, il saggio analizza questi elementi come “problemi di misura” per inquadrare le variazioni di tendenza di alcuni indicatori economici (cioè il patrimonio fondiario, le attività produttive, la composizione del reddito, ecc.) e sociali (cioè l’organizzazione gestionale, i contratti agrari, le reti di relazioni, ecc.), che sono servite a “misurare” l’intensità della reazione della nobile famiglia meridionale alle forti sollecitazioni e ai grandi cambiamenti del XIX secolo. Sullo sfondo dell’evoluzione complessiva dei micro e macro-ambienti e delle vicende familiari, nel saggio s'intrecciano la misurazione degli elementi propriamente quantitativi del corpus immobiliare agrario dei Caracciolo de’Sangro (estensione, valore venale, ecc.) e delle altre componenti quantificabili (forme d’appoderamento prevalenti, tecniche land-saving e labour-saving, ecc.) con i fattori specificamente sociali, culturali, comportamentali ad esso connessi e che sono alla base dell’organizzazione verticistica e territorialmente capillare della struttura amministrativa e produttiva dell’azienda agraria della famiglia, che si configura come una fitta trama di relazioni personali e rapporti fiduciari che dai legittimi proprietari si dirama per tutto l’insieme sociale coinvolto in essa e ordinato sulla base di mansioni differenziate: da quelle specialistiche di amministratori ed agenti, cui spettano incarichi decisionali e di burocrazia aziendale, a quelle determinate dal regime vincolistico dei contratti agrari per gli affittuari grandi e piccoli, fino a quelle meramente esecutive e di vigilanza di guardiani e custodi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.