Il volume contiene l’edizione critica della seconda metà del 3 libro del trattato teologico De Summo Bono, scritto da Ulrico di Strasburgo, domenicano vissuto nella metà del XIII secolo. Originariamente l’intera opera era costituita da 8 libri, di cui i primi 6 trattano temi teologici (Dio, la Trinità, la creazione, l’incarnazione e i sacramenti), mentre gli ultimi due, dedicati alle virtù e alla felicità futura, non ci sono pervenuti. La sezione dell’opera in oggetto è dedicata in particolare alla Santissima Trinità e risente molto dell’influsso del De divinis nominibus di Dionigi l’Areopagita e del De Trinitate di Sant’Agostino e, tra i testi contemporanei, quasi dell’intera produzione di Alberto il Grande, maestro dell’autore. Dall’archetipo, che non va assolutamente identificato con l’originale di Ulrico, derivano due subarchetipi, di cui il primo (β) rappresenta il capostipite dei manoscritti R e U, mentre dall’altro (α) discende la restante tradizione costituita da dieci codici. Il testimone principale del gruppo β è il Cod. Vat. Lat. 1311 (R), il più antico dell’intera tradizione in quanto risale al XIV secolo. In sede di costituzione del testo si è notato chiaramente come la concordanza dei due manoscritti R ed U avesse una maggior rilevanza dal punto di vista qualitativo rispetto al resto della tradizione.
Ulrich von Strassburg, De summo bono, liber 3, tractatus 4-5
TUZZO, Sabina
2007-01-01
Abstract
Il volume contiene l’edizione critica della seconda metà del 3 libro del trattato teologico De Summo Bono, scritto da Ulrico di Strasburgo, domenicano vissuto nella metà del XIII secolo. Originariamente l’intera opera era costituita da 8 libri, di cui i primi 6 trattano temi teologici (Dio, la Trinità, la creazione, l’incarnazione e i sacramenti), mentre gli ultimi due, dedicati alle virtù e alla felicità futura, non ci sono pervenuti. La sezione dell’opera in oggetto è dedicata in particolare alla Santissima Trinità e risente molto dell’influsso del De divinis nominibus di Dionigi l’Areopagita e del De Trinitate di Sant’Agostino e, tra i testi contemporanei, quasi dell’intera produzione di Alberto il Grande, maestro dell’autore. Dall’archetipo, che non va assolutamente identificato con l’originale di Ulrico, derivano due subarchetipi, di cui il primo (β) rappresenta il capostipite dei manoscritti R e U, mentre dall’altro (α) discende la restante tradizione costituita da dieci codici. Il testimone principale del gruppo β è il Cod. Vat. Lat. 1311 (R), il più antico dell’intera tradizione in quanto risale al XIV secolo. In sede di costituzione del testo si è notato chiaramente come la concordanza dei due manoscritti R ed U avesse una maggior rilevanza dal punto di vista qualitativo rispetto al resto della tradizione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.