I flussi bifase criogenici sono spesso presenti in sistemi ampiamente utilizzati per il raffreddamento ad alta prestazione, impiegati spesso in condizioni di funzionamento estreme, come temperature molto basse, microgravità o ambienti spaziali. Nel caso di propulsori spaziali a propellente liquido, in genere il propellente dei razzi è una miscela di ossigeno liquido (LOX) e di idrogeno liquido (LH2): questi fluidi sono suscettibili di cavitazione durante il processo di erogazione all’interno del motore del razzo, in cui la differenza tra ebollizione e cavitazione diviene minima e gli effetti termodinamici giocano un ruolo molto importante. Nelle osservazioni sperimentali si sono riscontrate differenze significative tra la cavitazione in fluidi tradizionali, come l’acqua, e quella dei fluidi criogenici: la prima è caratterizzata da una maggiore trasparenza e intensità, mentre la seconda, in condizioni simili, assume un carattere schiumoso e un’intensità minore. Sebbene le osservazioni abbiano chiaramente messo in luce la prevalenza degli effetti termici nella cavitazione dei fluidi criogenici, tuttavia questa non è stata avvalorata dai risultati numerici. La maggior parte dei modelli di cavitazione, infatti, assumono che questa avvenga con scambi energetici trascurabili o in condizioni isoterme. Questa assunzione è ragionevole per la cavitazione in fluidi come l’acqua, ma non produce buoni risultati per quanto riguarda i fluidi criogenici. Il presente studio evidenzia la necessità di modificare e validare i modelli teorici spesso utilizzati per descrivere il fenomeno della cavitazione in fluidi quali acqua, anche nel caso in cui il fluido operativo sia criogenico, soprattutto per tenere in considerazione glie effetti termici.

Modellazione ed analisi sperimentale di flussi bifase criogenici

DE GIORGI, Maria Grazia;RODIO, MARIA GIOVANNA;FICARELLA, Antonio
2008-01-01

Abstract

I flussi bifase criogenici sono spesso presenti in sistemi ampiamente utilizzati per il raffreddamento ad alta prestazione, impiegati spesso in condizioni di funzionamento estreme, come temperature molto basse, microgravità o ambienti spaziali. Nel caso di propulsori spaziali a propellente liquido, in genere il propellente dei razzi è una miscela di ossigeno liquido (LOX) e di idrogeno liquido (LH2): questi fluidi sono suscettibili di cavitazione durante il processo di erogazione all’interno del motore del razzo, in cui la differenza tra ebollizione e cavitazione diviene minima e gli effetti termodinamici giocano un ruolo molto importante. Nelle osservazioni sperimentali si sono riscontrate differenze significative tra la cavitazione in fluidi tradizionali, come l’acqua, e quella dei fluidi criogenici: la prima è caratterizzata da una maggiore trasparenza e intensità, mentre la seconda, in condizioni simili, assume un carattere schiumoso e un’intensità minore. Sebbene le osservazioni abbiano chiaramente messo in luce la prevalenza degli effetti termici nella cavitazione dei fluidi criogenici, tuttavia questa non è stata avvalorata dai risultati numerici. La maggior parte dei modelli di cavitazione, infatti, assumono che questa avvenga con scambi energetici trascurabili o in condizioni isoterme. Questa assunzione è ragionevole per la cavitazione in fluidi come l’acqua, ma non produce buoni risultati per quanto riguarda i fluidi criogenici. Il presente studio evidenzia la necessità di modificare e validare i modelli teorici spesso utilizzati per descrivere il fenomeno della cavitazione in fluidi quali acqua, anche nel caso in cui il fluido operativo sia criogenico, soprattutto per tenere in considerazione glie effetti termici.
2008
9788877588395
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