L’Archivio del Pio Monte della Misericordia di Napoli, ente di beneficenza fondato a Napoli il 19 Aprile 1602, conserva un ricco fondo intitolato “Opera della Redenzione dei Cattivi”. La pia istituzione napoletana, a partire dai primi anni della sua fondazione, fino al 1856 svolse un ruolo molto attivo nel riscatto degli schiavi Napoletani e dei cosiddetti Regnicoli (abitanti delle province del Viceregno spagnolo ed in seguito delle Regno delle due Sicilie), prigionieri nelle mani dei “Turchi”. Attraverso l’analisi dei numerosi documenti inediti contenuti nel fondo e di alcune fonti iconografiche è possibile non solo ricostruire le umane e spesso dolorose vicende di tanti schiavi in territorio islamico che cercavano, a volte invano, di ritrovare la propria libertà ma anche la complessa organizzazione di un’istituzione che, mossa dall’umana pietas verso coloro che stanno in captività con manifesto pericolo di restarvi anche captiva l’anima, diede vita ad un sistema di riscatto molto ben organizzato, usando le medesime relazioni e reti commerciali dei mercanti operanti nel Mediterraneo. La presenza nel fondo di numerosi documenti ottomani, databili tra il 1677 ed il 1682, rende possibile un’analisi comparata di tale fenomeno in un panorama di studi in cui la schiavitù ed il riscatto dei prigionieri cristiani in territorio islamico è stato oggetto di importanti studi in cui la controparte ottomana del fenomeno è stata troppo spesso ignorata.
Il Pio Monte della Misericordia di Napoli e l’Opera della Redenzione dei Cattivi nella prima metà del XVII secolo
D'AMORA, Rosita
2008-01-01
Abstract
L’Archivio del Pio Monte della Misericordia di Napoli, ente di beneficenza fondato a Napoli il 19 Aprile 1602, conserva un ricco fondo intitolato “Opera della Redenzione dei Cattivi”. La pia istituzione napoletana, a partire dai primi anni della sua fondazione, fino al 1856 svolse un ruolo molto attivo nel riscatto degli schiavi Napoletani e dei cosiddetti Regnicoli (abitanti delle province del Viceregno spagnolo ed in seguito delle Regno delle due Sicilie), prigionieri nelle mani dei “Turchi”. Attraverso l’analisi dei numerosi documenti inediti contenuti nel fondo e di alcune fonti iconografiche è possibile non solo ricostruire le umane e spesso dolorose vicende di tanti schiavi in territorio islamico che cercavano, a volte invano, di ritrovare la propria libertà ma anche la complessa organizzazione di un’istituzione che, mossa dall’umana pietas verso coloro che stanno in captività con manifesto pericolo di restarvi anche captiva l’anima, diede vita ad un sistema di riscatto molto ben organizzato, usando le medesime relazioni e reti commerciali dei mercanti operanti nel Mediterraneo. La presenza nel fondo di numerosi documenti ottomani, databili tra il 1677 ed il 1682, rende possibile un’analisi comparata di tale fenomeno in un panorama di studi in cui la schiavitù ed il riscatto dei prigionieri cristiani in territorio islamico è stato oggetto di importanti studi in cui la controparte ottomana del fenomeno è stata troppo spesso ignorata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.