L’immagine tradizionale che la storiografia ha proposto di Enrico VII di Lussemburgo è quella di un imperatore un po’ ingenuo, astratto e naif proteso velleitariamente a rilanciare, per lo meno in Italia, l’idea universalistica di Impero (pensato come una grande istituzione pacificatrice) senza fare davvero i conti con la realtà ben più concreta delle varie entità territoriali (in lotta tra loro) che ormai dominavano lo scenario della Penisola. Il saggio in questione mette viceversa in evidenza come il progetto politico di Enrico VII, senza rinnegare un forte richiamo all’ideologia universalistica di Impero, fosse in realtà assai meno ingenuo di quanto si è voluto solitamente sostenere. L’idea che animava il sovrano lussemburghese era in realtà quella di rilanciare l’antico Regnum Italicum e di fare di quel Regno ridotto all’evanescenza una struttura politica con una solidità e con una sua capacità di intervento. Il progetto di Enrico VII non era astratto, perchè individuava con precisione un effettivo vuoto politico, e puntava a colmarlo ridando vita ad un’istituzione teoricamente già del tutto legittimata. Le divisioni che laceravano gli stati cittadini italiani sembravano del resto rendere percorribile questa prospettiva, poiché il livello di instabilità cui era giunta la maggior parte dei Comuni italiani pareva condannare i comuni stessi ad una rapida fine. Enrico VII si dedicò al suo progetto con un approccio sistematico, investendo tanto sugli aspetti simbolici (come si vide con l’invenzione di un rituale di incoronazione a Milano) quanto su quelli più propriamente politici (la ricerca di alleanze e di interlocuzioni credibili sia tra le grandi potenze della Cristianità, sia tra i singoli signori e partiti italiani). Né meno serio fu il lavoro di tipo più prettamente istituzionale che venne parallelamente messo in campo: dalla nomina di vicari regi-imperiali al governo di diverse città o aree territoriali, alla convocazione di diete, alla messa in piedi di una cancelleria e di una tesoreria, alla predisposizione di un progetto di unificazione monetaria. La stessa politica di pacificazione, con i provvedimenti a favore del rientro degli esuli nelle rispettive città, più che ad un ingenuo programma irenistico rispondeva in realtà ad un disegno di fondazione di una nuova autorità regia, così come vi rispondevano i provvedimenti estremamente severi che vennero adottati contro chi non si fosse piegato all’autorità del sovrano, o, ancor più contro chi avesse mancato alla parola data. Il progetto di Enrico VII suscitò naturalmente anche delle forti resistenze, e la morte precoce di quel sovrano finì poi per rendere impraticabili i suoi disegni. Ma questo non significa che i progetti che egli aveva immaginato fossero destinati ad essere a priori perdenti.
Henri VII et le cadre italien: la tentative de relancer le Regnum Italicum. Quelques réflexions préliminaires
SOMAINI, Francesco
2010-01-01
Abstract
L’immagine tradizionale che la storiografia ha proposto di Enrico VII di Lussemburgo è quella di un imperatore un po’ ingenuo, astratto e naif proteso velleitariamente a rilanciare, per lo meno in Italia, l’idea universalistica di Impero (pensato come una grande istituzione pacificatrice) senza fare davvero i conti con la realtà ben più concreta delle varie entità territoriali (in lotta tra loro) che ormai dominavano lo scenario della Penisola. Il saggio in questione mette viceversa in evidenza come il progetto politico di Enrico VII, senza rinnegare un forte richiamo all’ideologia universalistica di Impero, fosse in realtà assai meno ingenuo di quanto si è voluto solitamente sostenere. L’idea che animava il sovrano lussemburghese era in realtà quella di rilanciare l’antico Regnum Italicum e di fare di quel Regno ridotto all’evanescenza una struttura politica con una solidità e con una sua capacità di intervento. Il progetto di Enrico VII non era astratto, perchè individuava con precisione un effettivo vuoto politico, e puntava a colmarlo ridando vita ad un’istituzione teoricamente già del tutto legittimata. Le divisioni che laceravano gli stati cittadini italiani sembravano del resto rendere percorribile questa prospettiva, poiché il livello di instabilità cui era giunta la maggior parte dei Comuni italiani pareva condannare i comuni stessi ad una rapida fine. Enrico VII si dedicò al suo progetto con un approccio sistematico, investendo tanto sugli aspetti simbolici (come si vide con l’invenzione di un rituale di incoronazione a Milano) quanto su quelli più propriamente politici (la ricerca di alleanze e di interlocuzioni credibili sia tra le grandi potenze della Cristianità, sia tra i singoli signori e partiti italiani). Né meno serio fu il lavoro di tipo più prettamente istituzionale che venne parallelamente messo in campo: dalla nomina di vicari regi-imperiali al governo di diverse città o aree territoriali, alla convocazione di diete, alla messa in piedi di una cancelleria e di una tesoreria, alla predisposizione di un progetto di unificazione monetaria. La stessa politica di pacificazione, con i provvedimenti a favore del rientro degli esuli nelle rispettive città, più che ad un ingenuo programma irenistico rispondeva in realtà ad un disegno di fondazione di una nuova autorità regia, così come vi rispondevano i provvedimenti estremamente severi che vennero adottati contro chi non si fosse piegato all’autorità del sovrano, o, ancor più contro chi avesse mancato alla parola data. Il progetto di Enrico VII suscitò naturalmente anche delle forti resistenze, e la morte precoce di quel sovrano finì poi per rendere impraticabili i suoi disegni. Ma questo non significa che i progetti che egli aveva immaginato fossero destinati ad essere a priori perdenti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.