Il 15 marzo del 44 a.C., Giulio Cesare cadeva sotto le ventitré pugnalate dei congiurati. Si apriva, per la res publica e per le sue istituzioni, un lungo periodo di transizione, che si sarebbe concluso solo dopo oltre un decennio, con le battaglie di Azio e di Alessandria e la riconosciuta supremazia di Ottaviano, destinata a sfociare nel principato. Agli inizi di questa transizione, sino alla sua morte (avvenuta, come è noto, il 7 dicembre del 43), Marco Tullio Cicerone, reliquus consularis, avrebbe tentato di catalizzare intorno alla sua persona multi boni viri, intenzionati a opporsi all’ascesa di alcune delle frange cesariane e, in particolar modo, di Marco Antonio. Il preservarsi di 14 delle orazioni Philippicae, pronunciate in senato e presso il popolo riunito in contiones fra il 2 settembre 44 e il 21 aprile 43, e di oltre 200 epistole (su un corpus complessivo di circa 900) dall’aprile 44 al luglio 43, offre una poderosa quantità di materiale utile a ricostruire, dalla prospettiva di Cicerone, gli eventi e soprattutto le dinamiche politiche del biennio 44-43. Inoltre, la dialettica che spesso emerge fra l’epistolario e le orazioni ‘pubbliche’, permette di cogliere una divaricazione fra la prospettiva del Cicerone pubblico e di quello, per così dire, ‘privato’. Nonostante il fiorire di una recente bibliografia, riguardante in particolar modo le Philippicae, non risulta ancora adeguatamente indagato tanto l’uso che Cicerone fa della lex nel dibattito politico successivo alla morte di Cesare (sia nell’argomentazione delle opinioni espresse in senato, sia nella tessitura della sua alternativa di potere quale emerge dall’epistolario), quanto la percezione che mostra di avere della lex stessa, quale fondamento della res publica.
La 'lex' in Cicerone al tempo delle 'Philippicae'. Fra teoria e prassi politica
BUONGIORNO, PIERANGELO
2012-01-01
Abstract
Il 15 marzo del 44 a.C., Giulio Cesare cadeva sotto le ventitré pugnalate dei congiurati. Si apriva, per la res publica e per le sue istituzioni, un lungo periodo di transizione, che si sarebbe concluso solo dopo oltre un decennio, con le battaglie di Azio e di Alessandria e la riconosciuta supremazia di Ottaviano, destinata a sfociare nel principato. Agli inizi di questa transizione, sino alla sua morte (avvenuta, come è noto, il 7 dicembre del 43), Marco Tullio Cicerone, reliquus consularis, avrebbe tentato di catalizzare intorno alla sua persona multi boni viri, intenzionati a opporsi all’ascesa di alcune delle frange cesariane e, in particolar modo, di Marco Antonio. Il preservarsi di 14 delle orazioni Philippicae, pronunciate in senato e presso il popolo riunito in contiones fra il 2 settembre 44 e il 21 aprile 43, e di oltre 200 epistole (su un corpus complessivo di circa 900) dall’aprile 44 al luglio 43, offre una poderosa quantità di materiale utile a ricostruire, dalla prospettiva di Cicerone, gli eventi e soprattutto le dinamiche politiche del biennio 44-43. Inoltre, la dialettica che spesso emerge fra l’epistolario e le orazioni ‘pubbliche’, permette di cogliere una divaricazione fra la prospettiva del Cicerone pubblico e di quello, per così dire, ‘privato’. Nonostante il fiorire di una recente bibliografia, riguardante in particolar modo le Philippicae, non risulta ancora adeguatamente indagato tanto l’uso che Cicerone fa della lex nel dibattito politico successivo alla morte di Cesare (sia nell’argomentazione delle opinioni espresse in senato, sia nella tessitura della sua alternativa di potere quale emerge dall’epistolario), quanto la percezione che mostra di avere della lex stessa, quale fondamento della res publica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.