Tra le priorità di Wittgenstein non vi è soltanto quella di chiarire i nostri concetti filosofici, ma anche, come in una seduta psicoanalitica, quella di smascherare gli errori categorali sottesi ad un uso improprio degli stessi:imparare ad usare nozioni come “pensare”, “immaginare”, “ricordare”, “sentire” richiede un investimento pratico piuttosto che teoretico. L’idea che la filosofia si riduca a una sorta di sapere parassitario evolutosi intorno al senso comune ignora il fatto che, proprio sull’esempio di Wittgenstein, quest’ultimo spesso spaccia per verità scientifi che ciò che, sotto la lente di ingrandimento dell’analisi filosofica, risulta essere solo una modifi cazione del paradigma linguistico in cui tali presunte verità sono presentate: il mondo dell’inconscio “scoperto” da Freud è un’esempio illuminante dell’abbagliamento prodotto da tale deragliamento ideologico. Filosofare dunque somiglia più all’affinamento di un particolare modo di vedere le cose che ad una investigazione che pretenda di carpirne la struttura segreta: è un’attività di superficie piuttosto che di scavo: se sono in un bosco alla ricerca di funghi, non mi interessa conoscerne la struttura biologica, ma invece riconoscerne la morfologia-colore, forma, odore- al fine, per esempio, di poterli impiegare per uso alimentare. A coloro che dichiarano l’impossibilità logica da parte di un soggetto di poter constatare l’oggetto privato posseduto da un altro ( pensiero, immagine, sensazione), si può rispondere che, anche ammessa quest’impossibilità, non si vede perchè se un soggetto ha una scatola con uno scarafaggio dentro, per rimanere ancorati al famoso esempio di Wittgenstein, non possa istituire una serie di comparazioni con scarafaggi pubblici, collocati all’esterno della scatola. L’indispensabilità di un quadro pubblico di riferimento non implica necessariamente che gli oggetti privati debbano essere pubblici. L’unica clausola debole che deve poter esser presupposta ad ogni considerazione sulla legittimità di un linguaggio o di un oggetto privato è che di questi si possa parlare solo dopo che sia stato istituito, precedentemente, un gioco linguistico radicato in un contesto pubblico. Da questo punto di vista, allora, per quanto possibile, un linguaggio privato risulterebbe parassitario o secondario rispetto a un linguaggio pubblico; questi giochi linguistici secondari sono ampiamente previsti ed ammessi da Wittgenstein, per esempio, in alcune sezioni di "Zettel"
Grammatica dell'interno.La filosofia della psicologia di Wittgenstein
RIZZO, Giorgio
2012-01-01
Abstract
Tra le priorità di Wittgenstein non vi è soltanto quella di chiarire i nostri concetti filosofici, ma anche, come in una seduta psicoanalitica, quella di smascherare gli errori categorali sottesi ad un uso improprio degli stessi:imparare ad usare nozioni come “pensare”, “immaginare”, “ricordare”, “sentire” richiede un investimento pratico piuttosto che teoretico. L’idea che la filosofia si riduca a una sorta di sapere parassitario evolutosi intorno al senso comune ignora il fatto che, proprio sull’esempio di Wittgenstein, quest’ultimo spesso spaccia per verità scientifi che ciò che, sotto la lente di ingrandimento dell’analisi filosofica, risulta essere solo una modifi cazione del paradigma linguistico in cui tali presunte verità sono presentate: il mondo dell’inconscio “scoperto” da Freud è un’esempio illuminante dell’abbagliamento prodotto da tale deragliamento ideologico. Filosofare dunque somiglia più all’affinamento di un particolare modo di vedere le cose che ad una investigazione che pretenda di carpirne la struttura segreta: è un’attività di superficie piuttosto che di scavo: se sono in un bosco alla ricerca di funghi, non mi interessa conoscerne la struttura biologica, ma invece riconoscerne la morfologia-colore, forma, odore- al fine, per esempio, di poterli impiegare per uso alimentare. A coloro che dichiarano l’impossibilità logica da parte di un soggetto di poter constatare l’oggetto privato posseduto da un altro ( pensiero, immagine, sensazione), si può rispondere che, anche ammessa quest’impossibilità, non si vede perchè se un soggetto ha una scatola con uno scarafaggio dentro, per rimanere ancorati al famoso esempio di Wittgenstein, non possa istituire una serie di comparazioni con scarafaggi pubblici, collocati all’esterno della scatola. L’indispensabilità di un quadro pubblico di riferimento non implica necessariamente che gli oggetti privati debbano essere pubblici. L’unica clausola debole che deve poter esser presupposta ad ogni considerazione sulla legittimità di un linguaggio o di un oggetto privato è che di questi si possa parlare solo dopo che sia stato istituito, precedentemente, un gioco linguistico radicato in un contesto pubblico. Da questo punto di vista, allora, per quanto possibile, un linguaggio privato risulterebbe parassitario o secondario rispetto a un linguaggio pubblico; questi giochi linguistici secondari sono ampiamente previsti ed ammessi da Wittgenstein, per esempio, in alcune sezioni di "Zettel"I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.