Nell’era moderna, nei Paesi economicamente più evoluti, caratterizzati da un’enorme ricorso all’attività industriale, interessata sempre più alla penetrazione nei mercati a livello mondiale, l’interesse e gli studi sulla responsabilità sociale delle aziende possono farsi risalire all’inizio della seconda metà del 1900, anche se vari studiosi e scrittori avevano già intravisto, nei secoli precedenti, con grande anticipo, l’esistenza di problemi di natura etico-morale, collegabili all’attività dell’uomo. Nella CSR infatti, ove a prima vista si possono intravedere collegamenti con i sistemi filosofici moderni, approfondendo meglio, si può notare il collegamento col “social contract”, le cui radici affondano nell’antico Egitto, in Babilonia e in particolare nell’antica Grecia ad opera di Protagora, Senofonte, Platone, Aristotele e altri, tutti appartenenti, come è noto, alla cosiddetta “filosofia perenne”. Si può dire che presso quegli antichi popoli, teologia, etica e morale erano i nomi della attuale CSR in quanto indicavano le virtù che dovevano avere quelli che si occupavano di commerci e di altre attività mercantili. Nella prima parte del testo, dunque, si passano in rassegna le idee e i contributi di una lunga serie di pensatori sui principi dell’etica e della morale, fino a giungere ai tempi moderni, praticamente alla metà del 19° secolo, quando J. S. Mill e subito dopo Peter Drucker dichiaravano che le imprese dovevano avere una dimensione morale e uno scopo economico. L’idea o la speranza che le imprese dovessero considerare le conseguenze dell’impatto della loro attività sulla comunità ospitante viene ripresa e sviluppata successivamente da Clark, Barnard, Kreps e soprattutto Bowen, sotto la spinta della progressiva espansione delle industrie, in particolare nei Paesi sviluppati (Europa, USA e Giappone). A partire dagli anni ‘50 del secolo scorso, il crescente impatto delle attività produttive sia sull’ambiente che sulle comunità ospitanti, non è senza effetto nel portare alla ribalta il concetto di CSR e la necessità che le aziende ne tenessero conto nell’organizzare e svolgere la propria attività. Una crescente schiera di studiosi di discipline diverse, economisti, sociologi e filosofi in particolare, che in precedenza avevano sottovalutato, se non trascurato, lo stretto legame esistente, fra le attività produttive e la società circostante, comincia ad occuparsi del tema, elaborando una lunga serie di teorie e definizioni al fine di confinare questo nuovo settore di ricerche. Negli anni successivi, gli studi, le ricerche, i dibattiti sulla CRS, CRP, sul business ethic, si moltiplicano in maniera esponenziale. Cresce la convinzione che l’adozione della CSR sia fondamentale ai fini della competitività, per la coesione e lo sviluppo sociale, per cui è necessario che la cultura relativa venga diffusa sempre più fra le imprese. Gli stessi studiosi ricordano, anche, che con l’adozione della CSR si realizza la convergenza fra l’economia e l’etica, in quanto il manager segue la logica dell’uomo economico, nel momento in cui rinuncia a benefici immediati per ottenere quelli a medio-lungo termine di entità maggiore e quella dell’etica quando agisce come attore sociale seguendo la relativa logica. Nella Parte I vengono ricordati i vari studiosi e pensatori che, nel corso dei secoli (dal 5000 b. C. ai tempi attuali), hanno contribuito a definire e descrivere l’etica, la morale, la filantropia, il significato e l’importanza del dono, termini e concetti nei quali la moderna CSR affonda le proprie radici. Vengono anche ricordate le varie definizioni e i vari aspetti della CSR, considerata attualmente come una strategia indispensabile per l’evoluzione positiva delle aziende, sia pubbliche che private, sia for-profit che non-profit. Nella II Parte vengono esposti gli obiettivi, le funzioni, i principi e gli strumenti della Social Accounting. Viene anche evidenziato come gli studiosi degli aspetti teorici della CSR, per lo più filosofi e sociologi, generalmente ignorino gli studi condotti dagli economisti aziendali, in gran parte italiani, circa gli strumenti contabili approntati dagli stessi, necessari ed idonei a misurare e quantificare, anche in termini monetari, i vantaggi derivanti dall’adozione della CSR. Anche i detrattori o gli scettici della CSR dimenticano la possibilità di ricorrere a questi strumenti per confermare o avvalorare il loro pensiero. Viene infine evidenziata la necessità o l’opportunità di tenere separati i “bilanci ambientali” da quelli “sociali”, laddove in pratica gli stessi vengono spesso inseriti e confusi in un unico bilancio, quello sociale.
La Responsabilità Sociale delle Aziende ed il Bilancio Sociale: novità e prospettive
LEOCI, Paolo
2012-01-01
Abstract
Nell’era moderna, nei Paesi economicamente più evoluti, caratterizzati da un’enorme ricorso all’attività industriale, interessata sempre più alla penetrazione nei mercati a livello mondiale, l’interesse e gli studi sulla responsabilità sociale delle aziende possono farsi risalire all’inizio della seconda metà del 1900, anche se vari studiosi e scrittori avevano già intravisto, nei secoli precedenti, con grande anticipo, l’esistenza di problemi di natura etico-morale, collegabili all’attività dell’uomo. Nella CSR infatti, ove a prima vista si possono intravedere collegamenti con i sistemi filosofici moderni, approfondendo meglio, si può notare il collegamento col “social contract”, le cui radici affondano nell’antico Egitto, in Babilonia e in particolare nell’antica Grecia ad opera di Protagora, Senofonte, Platone, Aristotele e altri, tutti appartenenti, come è noto, alla cosiddetta “filosofia perenne”. Si può dire che presso quegli antichi popoli, teologia, etica e morale erano i nomi della attuale CSR in quanto indicavano le virtù che dovevano avere quelli che si occupavano di commerci e di altre attività mercantili. Nella prima parte del testo, dunque, si passano in rassegna le idee e i contributi di una lunga serie di pensatori sui principi dell’etica e della morale, fino a giungere ai tempi moderni, praticamente alla metà del 19° secolo, quando J. S. Mill e subito dopo Peter Drucker dichiaravano che le imprese dovevano avere una dimensione morale e uno scopo economico. L’idea o la speranza che le imprese dovessero considerare le conseguenze dell’impatto della loro attività sulla comunità ospitante viene ripresa e sviluppata successivamente da Clark, Barnard, Kreps e soprattutto Bowen, sotto la spinta della progressiva espansione delle industrie, in particolare nei Paesi sviluppati (Europa, USA e Giappone). A partire dagli anni ‘50 del secolo scorso, il crescente impatto delle attività produttive sia sull’ambiente che sulle comunità ospitanti, non è senza effetto nel portare alla ribalta il concetto di CSR e la necessità che le aziende ne tenessero conto nell’organizzare e svolgere la propria attività. Una crescente schiera di studiosi di discipline diverse, economisti, sociologi e filosofi in particolare, che in precedenza avevano sottovalutato, se non trascurato, lo stretto legame esistente, fra le attività produttive e la società circostante, comincia ad occuparsi del tema, elaborando una lunga serie di teorie e definizioni al fine di confinare questo nuovo settore di ricerche. Negli anni successivi, gli studi, le ricerche, i dibattiti sulla CRS, CRP, sul business ethic, si moltiplicano in maniera esponenziale. Cresce la convinzione che l’adozione della CSR sia fondamentale ai fini della competitività, per la coesione e lo sviluppo sociale, per cui è necessario che la cultura relativa venga diffusa sempre più fra le imprese. Gli stessi studiosi ricordano, anche, che con l’adozione della CSR si realizza la convergenza fra l’economia e l’etica, in quanto il manager segue la logica dell’uomo economico, nel momento in cui rinuncia a benefici immediati per ottenere quelli a medio-lungo termine di entità maggiore e quella dell’etica quando agisce come attore sociale seguendo la relativa logica. Nella Parte I vengono ricordati i vari studiosi e pensatori che, nel corso dei secoli (dal 5000 b. C. ai tempi attuali), hanno contribuito a definire e descrivere l’etica, la morale, la filantropia, il significato e l’importanza del dono, termini e concetti nei quali la moderna CSR affonda le proprie radici. Vengono anche ricordate le varie definizioni e i vari aspetti della CSR, considerata attualmente come una strategia indispensabile per l’evoluzione positiva delle aziende, sia pubbliche che private, sia for-profit che non-profit. Nella II Parte vengono esposti gli obiettivi, le funzioni, i principi e gli strumenti della Social Accounting. Viene anche evidenziato come gli studiosi degli aspetti teorici della CSR, per lo più filosofi e sociologi, generalmente ignorino gli studi condotti dagli economisti aziendali, in gran parte italiani, circa gli strumenti contabili approntati dagli stessi, necessari ed idonei a misurare e quantificare, anche in termini monetari, i vantaggi derivanti dall’adozione della CSR. Anche i detrattori o gli scettici della CSR dimenticano la possibilità di ricorrere a questi strumenti per confermare o avvalorare il loro pensiero. Viene infine evidenziata la necessità o l’opportunità di tenere separati i “bilanci ambientali” da quelli “sociali”, laddove in pratica gli stessi vengono spesso inseriti e confusi in un unico bilancio, quello sociale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.