Il settore della cooperazione europea in materia forestale si presta molto bene a rappresentare una sorta di paradigma delle modalità assunte dal processo di integrazione europea e di come esso si sia sviluppato nel corso di questi decenni. Infatti, l'intervento comunitario nel settore forestale è stato caratterizzato dalla prevalenza dell'approccio fondato sul concetto cardine del processo di integrazione europea, vale a dire lo spill-over. Con questo termine inglese – che può essere tradotto in italiano con ricaduta, ripercussione – nel linguaggio politologico si suole indicare il principale strumento di cui si è avvalso il metodo funzionalista di integrazione europea che, come sappiamo, ha prevalso sin dai primi anni '50 del XX secolo nel processo sfociato, infine, nell'istituzione dell'Unione europea nel 1992. Proprio il 1992 rappresenta una sorta di anno magico per lo sviluppo delle prime forme di intervento comunitario in ambito forestale, sulla falsariga dello straordinario moto di riforma cui fu sottoposto l'edificio comunitario negli anni successivi alla fine della guerra fredda. Infatti, le principali ragioni che hanno portato ad inaugurare una prima, seppur timida politica di intervento comunitario in ambito forestale, trovano la loro origine in settori apparentemente distanti dalla gestione dei boschi e delle foreste ma che, in realtà, dimostrano la bontà di una teoria e di una pratica di integrazione suscettibili di condurre a risultati insperati. Le principali ragioni che condussero nel 1992 ad iniziare a parlare di una strategia comunitaria per i boschi e le foreste risiedono in almeno due ordini di fattori. Il primo e anche il più importante è sicuramente costituito dalla crisi della PAC, con il suo corollario di sovrapproduzione e di deficit strutturale, come conseguenza della insostenibile politica di sostegno ai prezzi adottata nei decenni precedenti. Al fine di ridurre l'incidenza della PAC sul bilancio comunitario, nel 1992 vedeva finalmente la luce la prima significativa riforma della politica agricola comune – la c.d. Riforma MacSharry – che prevedeva una riduzione del sostegno al settore agricolo e una radicale riforma della concezione stessa dell'agricoltura europea, che sarebbe dovuta passare dal paradigma produttivista a quello multifunzionale. In questo senso, si iniziava a rendere indispensabile una riduzione dello sfruttamento dei suoli agricoli, attraverso l'incentivazione dei processi di rimboschimento e una rinnovata sensibilità nei confronti delle risorse forestali, intese come potenziali fonti alternative di integrazione al reddito dei contadini. Accanto a questa concezione, sicuramente prevalente e tipicamente funzionalista – si stagliava anche la recente sensibilità nei confronti delle tematiche ambientali e del problema della deforestazione, che proprio nel 1992 conoscevano uno straordinario risultato politico e mediatico grazie alla conferenza di Rio de Janeiro, organizzata dalle Nazioni Unite nella città brasiliana per discutere sui rischi della deforestazione in Amazzonia e sui conseguenti rischi per la salute del pianeta e per la stessa sopravvivenza della specie umana. È evidente, da queste poche righe, come la questione dell'agricoltura e del cambiamento climatico abbia consentito di allargare l'ambito di intervento dell'Unione europea al settore delle foreste e dei boschi, anche attraverso la prima definizione di una politica forestale a fini industriali, come peraltro aveva già rivelato la decisione del Consiglio del 29 maggio 1989 di istituire un Comitato permanente per studiare le questioni inerenti il settore forestale, seguita poi nel 1997 e nel 1998 dalle decisioni della Commissione europea di istituire dei comitati incaricati di occuparsi esclusivamente del ruolo delle risorse forestali nell'ambito della PAC e delle problematiche relative alle industrie di trasformazione del legno. Dunque, ritornando alla premessa iniziale, è evidente come le questioni interne e i problemi sollevati dal deficit di bilancio della PAC e, al tempo stesso, la nuova sensibilità nei confronti dei temi ambientali abbiano indotto, nel corso degli anni '90 del XX secolo, l'Unione europea ad avviare una politica di intervento in ambito forestale, esorbitando, in un certo qual modo, dalle sue competenze e dai limiti di intervento fissati nei trattati. Questo problema è ben visibile in quello che rappresenta una delle tappe principali nella faticosa definizione di una politica europea per le foreste, sancita il 15 dicembre 1998 dalla risoluzione con cui il Consiglio lanciava una Strategia forestale per l'Unione europea. Con questa iniziativa, l'Unione europea lanciava un programma finalizzato a trasformare il settore forestale in una una potenziale fonte di reddito alternativa e, d'altro canto, si auspicava che lo sviluppo degli ecosistemi agro-forestali si configurasse come elemento favorevole all'agricoltura. In questo documento, inoltre, veniva ribadita l'importanza del ruolo multifunzionale delle foreste e di una gestione sostenibile delle risorse forestali, basata sulle loro funzioni sociali, economiche, ambientali, ecologiche e culturali per lo sviluppo della società e, in particolare, delle aree rurali. Gli elementi sostanziali previsti da questa Strategia delle foreste comune erano: a) La gestione sostenibile delle foreste, come definita dalla Conferenza ministeriale sulla protezione delle foreste in Europa, tenuta a Helsinki nel 1993, così come il ruolo multifunzionale delle foreste, entrambi assurti a principi assoluti dell'azione dell'UE. b) Il principio di sussidiarietà, anche in considerazione che il trattato sull'UE non contiene disposizioni per una specifica politica comune forestale e che, di conseguenza, la responsabilità per le politiche sulle foreste rimane in capo agli Stati membri. Nonostante ciò, proprio in considerazione del principio di sussidiarietà e del concetto di responsabilità condivisa, la Comunità si impegnava a contribuire positivamente all'attuazione della sostenibilità della gestione delle foreste e al loro nuovo ruolo multifunzionale. c) Il contributo alle esistenti e future misure a livello comunitario per l'attuazione di una Strategia forestale e il sostegno agli Stati membri per quanto riguardava: la gestione sostenibile delle foreste e il loro ruolo multifunzionale; la protezione delle foreste; lo sviluppo e il mantenimento di aree rurali; il patrimonio forestale; la diversità biologica; l'utilizzo del legno come fonte rinnovabile di energia. d) L'attuazione di impegni internazionali, principi e raccomandazioni attraverso programmi forestali nazionali o sub-nazionali o strumenti appropriati sviluppati dagli Stati membri. e) L'attiva partecipazione in tutti i processi internazionali relativi al settore forestale. f) La necessità di migliorare il coordinamento, la comunicazione e la cooperazione in tutti i settori delle politiche che hanno a che fare con le foreste, sia all'interno della Commissione, sia tra la Commissione e gli Stati membri e tra questi ultimi. g) L'importanza della gestione forestale sostenibile per la conservazione e la tutela della biodiversità, per le condizioni di vita delle piante e degli animali e perché si tratta di una delle principali strategie per combattere il cambiamento climatico. h) La promozione dell'utilizzo del legno come prodotto ambientale i) Il contributo delle foreste e delle industrie basate sul legno al reddito, l'impiego e altri elementi che hanno a che fare con la qualità della vita. L'importanza delle foreste per il benessere delle persone e la necessità di una migliore integrazione delle foreste e dei prodotti forestali in tutte le politiche comuni settoriali, insieme al ruolo assunto dall'Unione europea come attore globale nelle discussioni e nei fora internazionali dedicati alle foreste, sfociarono, il 30 maggio 2005, nell'adozione di un EU Forest Action Plan, modellato sui principi testé elencati e tutti orientati verso una concezione moderna e complessa del ruolo delle foreste nella società e nell'economia del XXI secolo. Dunque, nonostante i limiti imposti dai trattati alle politiche comunitarie di intervento nel settore forestale – che rimane di stretta competenza dei singoli Stati membri – le istituzioni europee sono riuscite a svolgere, pur tra mille difficoltà, un ruolo fondamentale di coordinamento e di stimolo nei confronti di quelle amministrazioni nazionali poco attente alla corretta gestione di un patrimonio forestale che, insieme alle indubbie valenze economiche, anche a livello europeo viene percepito come elemento fondamentale per il benessere della popolazione europea, sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo storico, come elemento identitario del paesaggio e della cultura europea.
A. Isoni, Alla ricerca di una strategia europea per le foreste, in M. Brocca, M. Troisi (a cura di), I boschi e le foreste come frontiere del dialogo tra scienze giuridiche e scienze della vita. Dalle radici storiche alle prospettive future, Napoli, Editoriale scientifica, 2014, pp. 135-154.
Alessandro Isoni
2014-01-01
Abstract
Il settore della cooperazione europea in materia forestale si presta molto bene a rappresentare una sorta di paradigma delle modalità assunte dal processo di integrazione europea e di come esso si sia sviluppato nel corso di questi decenni. Infatti, l'intervento comunitario nel settore forestale è stato caratterizzato dalla prevalenza dell'approccio fondato sul concetto cardine del processo di integrazione europea, vale a dire lo spill-over. Con questo termine inglese – che può essere tradotto in italiano con ricaduta, ripercussione – nel linguaggio politologico si suole indicare il principale strumento di cui si è avvalso il metodo funzionalista di integrazione europea che, come sappiamo, ha prevalso sin dai primi anni '50 del XX secolo nel processo sfociato, infine, nell'istituzione dell'Unione europea nel 1992. Proprio il 1992 rappresenta una sorta di anno magico per lo sviluppo delle prime forme di intervento comunitario in ambito forestale, sulla falsariga dello straordinario moto di riforma cui fu sottoposto l'edificio comunitario negli anni successivi alla fine della guerra fredda. Infatti, le principali ragioni che hanno portato ad inaugurare una prima, seppur timida politica di intervento comunitario in ambito forestale, trovano la loro origine in settori apparentemente distanti dalla gestione dei boschi e delle foreste ma che, in realtà, dimostrano la bontà di una teoria e di una pratica di integrazione suscettibili di condurre a risultati insperati. Le principali ragioni che condussero nel 1992 ad iniziare a parlare di una strategia comunitaria per i boschi e le foreste risiedono in almeno due ordini di fattori. Il primo e anche il più importante è sicuramente costituito dalla crisi della PAC, con il suo corollario di sovrapproduzione e di deficit strutturale, come conseguenza della insostenibile politica di sostegno ai prezzi adottata nei decenni precedenti. Al fine di ridurre l'incidenza della PAC sul bilancio comunitario, nel 1992 vedeva finalmente la luce la prima significativa riforma della politica agricola comune – la c.d. Riforma MacSharry – che prevedeva una riduzione del sostegno al settore agricolo e una radicale riforma della concezione stessa dell'agricoltura europea, che sarebbe dovuta passare dal paradigma produttivista a quello multifunzionale. In questo senso, si iniziava a rendere indispensabile una riduzione dello sfruttamento dei suoli agricoli, attraverso l'incentivazione dei processi di rimboschimento e una rinnovata sensibilità nei confronti delle risorse forestali, intese come potenziali fonti alternative di integrazione al reddito dei contadini. Accanto a questa concezione, sicuramente prevalente e tipicamente funzionalista – si stagliava anche la recente sensibilità nei confronti delle tematiche ambientali e del problema della deforestazione, che proprio nel 1992 conoscevano uno straordinario risultato politico e mediatico grazie alla conferenza di Rio de Janeiro, organizzata dalle Nazioni Unite nella città brasiliana per discutere sui rischi della deforestazione in Amazzonia e sui conseguenti rischi per la salute del pianeta e per la stessa sopravvivenza della specie umana. È evidente, da queste poche righe, come la questione dell'agricoltura e del cambiamento climatico abbia consentito di allargare l'ambito di intervento dell'Unione europea al settore delle foreste e dei boschi, anche attraverso la prima definizione di una politica forestale a fini industriali, come peraltro aveva già rivelato la decisione del Consiglio del 29 maggio 1989 di istituire un Comitato permanente per studiare le questioni inerenti il settore forestale, seguita poi nel 1997 e nel 1998 dalle decisioni della Commissione europea di istituire dei comitati incaricati di occuparsi esclusivamente del ruolo delle risorse forestali nell'ambito della PAC e delle problematiche relative alle industrie di trasformazione del legno. Dunque, ritornando alla premessa iniziale, è evidente come le questioni interne e i problemi sollevati dal deficit di bilancio della PAC e, al tempo stesso, la nuova sensibilità nei confronti dei temi ambientali abbiano indotto, nel corso degli anni '90 del XX secolo, l'Unione europea ad avviare una politica di intervento in ambito forestale, esorbitando, in un certo qual modo, dalle sue competenze e dai limiti di intervento fissati nei trattati. Questo problema è ben visibile in quello che rappresenta una delle tappe principali nella faticosa definizione di una politica europea per le foreste, sancita il 15 dicembre 1998 dalla risoluzione con cui il Consiglio lanciava una Strategia forestale per l'Unione europea. Con questa iniziativa, l'Unione europea lanciava un programma finalizzato a trasformare il settore forestale in una una potenziale fonte di reddito alternativa e, d'altro canto, si auspicava che lo sviluppo degli ecosistemi agro-forestali si configurasse come elemento favorevole all'agricoltura. In questo documento, inoltre, veniva ribadita l'importanza del ruolo multifunzionale delle foreste e di una gestione sostenibile delle risorse forestali, basata sulle loro funzioni sociali, economiche, ambientali, ecologiche e culturali per lo sviluppo della società e, in particolare, delle aree rurali. Gli elementi sostanziali previsti da questa Strategia delle foreste comune erano: a) La gestione sostenibile delle foreste, come definita dalla Conferenza ministeriale sulla protezione delle foreste in Europa, tenuta a Helsinki nel 1993, così come il ruolo multifunzionale delle foreste, entrambi assurti a principi assoluti dell'azione dell'UE. b) Il principio di sussidiarietà, anche in considerazione che il trattato sull'UE non contiene disposizioni per una specifica politica comune forestale e che, di conseguenza, la responsabilità per le politiche sulle foreste rimane in capo agli Stati membri. Nonostante ciò, proprio in considerazione del principio di sussidiarietà e del concetto di responsabilità condivisa, la Comunità si impegnava a contribuire positivamente all'attuazione della sostenibilità della gestione delle foreste e al loro nuovo ruolo multifunzionale. c) Il contributo alle esistenti e future misure a livello comunitario per l'attuazione di una Strategia forestale e il sostegno agli Stati membri per quanto riguardava: la gestione sostenibile delle foreste e il loro ruolo multifunzionale; la protezione delle foreste; lo sviluppo e il mantenimento di aree rurali; il patrimonio forestale; la diversità biologica; l'utilizzo del legno come fonte rinnovabile di energia. d) L'attuazione di impegni internazionali, principi e raccomandazioni attraverso programmi forestali nazionali o sub-nazionali o strumenti appropriati sviluppati dagli Stati membri. e) L'attiva partecipazione in tutti i processi internazionali relativi al settore forestale. f) La necessità di migliorare il coordinamento, la comunicazione e la cooperazione in tutti i settori delle politiche che hanno a che fare con le foreste, sia all'interno della Commissione, sia tra la Commissione e gli Stati membri e tra questi ultimi. g) L'importanza della gestione forestale sostenibile per la conservazione e la tutela della biodiversità, per le condizioni di vita delle piante e degli animali e perché si tratta di una delle principali strategie per combattere il cambiamento climatico. h) La promozione dell'utilizzo del legno come prodotto ambientale i) Il contributo delle foreste e delle industrie basate sul legno al reddito, l'impiego e altri elementi che hanno a che fare con la qualità della vita. L'importanza delle foreste per il benessere delle persone e la necessità di una migliore integrazione delle foreste e dei prodotti forestali in tutte le politiche comuni settoriali, insieme al ruolo assunto dall'Unione europea come attore globale nelle discussioni e nei fora internazionali dedicati alle foreste, sfociarono, il 30 maggio 2005, nell'adozione di un EU Forest Action Plan, modellato sui principi testé elencati e tutti orientati verso una concezione moderna e complessa del ruolo delle foreste nella società e nell'economia del XXI secolo. Dunque, nonostante i limiti imposti dai trattati alle politiche comunitarie di intervento nel settore forestale – che rimane di stretta competenza dei singoli Stati membri – le istituzioni europee sono riuscite a svolgere, pur tra mille difficoltà, un ruolo fondamentale di coordinamento e di stimolo nei confronti di quelle amministrazioni nazionali poco attente alla corretta gestione di un patrimonio forestale che, insieme alle indubbie valenze economiche, anche a livello europeo viene percepito come elemento fondamentale per il benessere della popolazione europea, sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo storico, come elemento identitario del paesaggio e della cultura europea.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.