Il rapporto tra società a partecipazione pubblica e crisi d’impresa ha da sempre suscitato forti dubbi originando un acceso dibattito in dottrina e in giurisprudenza, alimentato soprattutto dalla mancanza di una disciplina organica in materia. Solo nel 2015 con la legge n. 124, del 7 agosto, recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (cd. legge Madia), è stato delegato il Governo ad emanare una serie di decreti legislativi tra i quali quello relativo al “riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche al fine prioritario di “assicurare la chiarezza della disciplina, la semplificazione normativa e la tutela e promozione della concorrenza”, come disposto in apertura dall’art. 18 della legge, al fine di individuare una normativa che, in base al principio di proporzionalità delle deroghe rispetto alla disciplina privatistica, comprendesse anche quella in materia di crisi d’impresa. Ciò ha portato al successivo d. lgs. n. 175, del 19 agosto 2016, “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” che ha disciplinato, all’art. 14, la fattispecie oggetto di studio, prevedendo al co. 1 che le società a partecipazione pubblica (indipendentemente dall’entità della partecipazione) sono soggette “alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi”. Che la nuova disciplina abbia risolto il quesito generale concernente la fallibilità o meno delle società a partecipazione pubblica, dando rilevanza al profilo privatistico, non c’è dubbio, ma non sembra altrettanto chiaro se l’assoggettabilità riguardi “effettivamente” tutta la “variegata platea” delle società partecipate e, soprattutto, se le nuove disposizioni tutelino efficacemente gli interessi coinvolti.
Società a partecipazione pubblica e crisi d'impresa
Serenella Luchena
2016-01-01
Abstract
Il rapporto tra società a partecipazione pubblica e crisi d’impresa ha da sempre suscitato forti dubbi originando un acceso dibattito in dottrina e in giurisprudenza, alimentato soprattutto dalla mancanza di una disciplina organica in materia. Solo nel 2015 con la legge n. 124, del 7 agosto, recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (cd. legge Madia), è stato delegato il Governo ad emanare una serie di decreti legislativi tra i quali quello relativo al “riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche al fine prioritario di “assicurare la chiarezza della disciplina, la semplificazione normativa e la tutela e promozione della concorrenza”, come disposto in apertura dall’art. 18 della legge, al fine di individuare una normativa che, in base al principio di proporzionalità delle deroghe rispetto alla disciplina privatistica, comprendesse anche quella in materia di crisi d’impresa. Ciò ha portato al successivo d. lgs. n. 175, del 19 agosto 2016, “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” che ha disciplinato, all’art. 14, la fattispecie oggetto di studio, prevedendo al co. 1 che le società a partecipazione pubblica (indipendentemente dall’entità della partecipazione) sono soggette “alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi”. Che la nuova disciplina abbia risolto il quesito generale concernente la fallibilità o meno delle società a partecipazione pubblica, dando rilevanza al profilo privatistico, non c’è dubbio, ma non sembra altrettanto chiaro se l’assoggettabilità riguardi “effettivamente” tutta la “variegata platea” delle società partecipate e, soprattutto, se le nuove disposizioni tutelino efficacemente gli interessi coinvolti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.