Il lavoro nel settore della comunicazione presenta forti sfaccettature interne. Anzitutto, i cambiamenti e le innovazioni tecnologiche richiedono ai professionisti dell’informazione sempre più competenze necessarie per operare su una miriade di mezzi, dai più tradizionali − come la radio, la tv e la carta stampata − sino ai blog e alle emittenti online. D’altro canto, l’espansione del lavoro precario comporta una serie di difficoltà che rischiano di diventare situazioni patologiche. Basti ricordare, ad esempio, che a fronte di 12 mila occupati dipendenti, ve ne sono ben 30 mila precari, con un’età media che sfiora i 40 anni. Il mondo radiofonico, in particolare, si caratterizza per una forte articolazione in merito all’iter del percorso professionale dei lavoratori della comunicazione radiofonica, spesso precario, alle loro tutele e diritti, sia economici sia previdenziali, il che comporta problemi in relazione ai diritti e all’autonomia del lavoro. Il tutto, ovviamente, è in netto contrasto con la forte capacità attrattiva che caratterizza la realtà nella radio, mezzo di comunicazione ancora vitale, che attira a lavorare in modalità volontaria o semi gratuita, il più delle volte con contratti atipici, oltre che con lavoro sommerso, in una condizione di instabilità lavorativa, che può persistere anche per un decennio. Pur presente, il sindacato non sembra in grado di contrastare tali difficoltà, in quanto un suo intervento è piuttosto delicato visto che potrebbe portare al licenziamento, mentre un suo non intervento rischia di legittimare lo sfruttamento di chi lavora in determinate condizioni. L’attività lavorativa, pur risultando spesso soddisfacente, viene vissuta da molti/e priva di prospettive, nebulosa, incerta e mal retribuita, rendendo precarie anche le altre sfere della vita.
Diritti e politiche di uscita dal lavoro precario
Fasano A.
2011-01-01
Abstract
Il lavoro nel settore della comunicazione presenta forti sfaccettature interne. Anzitutto, i cambiamenti e le innovazioni tecnologiche richiedono ai professionisti dell’informazione sempre più competenze necessarie per operare su una miriade di mezzi, dai più tradizionali − come la radio, la tv e la carta stampata − sino ai blog e alle emittenti online. D’altro canto, l’espansione del lavoro precario comporta una serie di difficoltà che rischiano di diventare situazioni patologiche. Basti ricordare, ad esempio, che a fronte di 12 mila occupati dipendenti, ve ne sono ben 30 mila precari, con un’età media che sfiora i 40 anni. Il mondo radiofonico, in particolare, si caratterizza per una forte articolazione in merito all’iter del percorso professionale dei lavoratori della comunicazione radiofonica, spesso precario, alle loro tutele e diritti, sia economici sia previdenziali, il che comporta problemi in relazione ai diritti e all’autonomia del lavoro. Il tutto, ovviamente, è in netto contrasto con la forte capacità attrattiva che caratterizza la realtà nella radio, mezzo di comunicazione ancora vitale, che attira a lavorare in modalità volontaria o semi gratuita, il più delle volte con contratti atipici, oltre che con lavoro sommerso, in una condizione di instabilità lavorativa, che può persistere anche per un decennio. Pur presente, il sindacato non sembra in grado di contrastare tali difficoltà, in quanto un suo intervento è piuttosto delicato visto che potrebbe portare al licenziamento, mentre un suo non intervento rischia di legittimare lo sfruttamento di chi lavora in determinate condizioni. L’attività lavorativa, pur risultando spesso soddisfacente, viene vissuta da molti/e priva di prospettive, nebulosa, incerta e mal retribuita, rendendo precarie anche le altre sfere della vita.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.