Il 10 agosto del 1678 a Nimega fu sottoscritto il trattato tra Francia e Province Unite. Durante i negoziati volti al ristabilimento della pace, emerse chiaramente a tutti i convenuti che la politica di potenza esercitata dagli imperi continentali era stata sovrastata dalla strategia, al contempo energica e accorta, adottata dal regno britannico. Né ai governi assoluti né alle società del continente europeo risultò agevole affrontare l’inevitabile assestamento conseguente all’intensificazione degli scambi e al poderoso sviluppo dei mercati. La società di antico regime aveva prodotto strutture sociali rigide, fondate su corpi aristocratici guidati dallo Stato assoluto. Una sorta di Stato-caserma, organizzato per conseguire attraverso la guerra il possesso di territori sempre più ampi. Il coevo sconvolgimento della “coscienza europea” rappresentò l’occasione per una trasformazione nel profondo di strutture ed equilibri fin ad allora consolidati. Il trattato rivelò l’esaurimento delle ideologie solenni degli imperi continentali. Tuttavia indicò la possibilità di nuovi percorsi segnati da un pragmatismo più rispondente alla dinamicità delle grandi potenze commerciali, più propenso ad avvantaggiarsi della circolarità dei rapporti socio-economici e culturali in uno spazio composito e articolato. L’Europa, dunque, si dispose alla enucleazione di un sistema economico internazionale, capace di rimodellare le organizzazioni sociali esistenti. Il percorso, ancora inedito, risultò vantaggioso là dove si affermò una cultura maggiormente permeabile allo scambio, alla tolleranza, all’inclusione.
Commercio, potere e territorio Gli imperi al tempo della pace di Nimega
Salvatore Barbagallo
2020-01-01
Abstract
Il 10 agosto del 1678 a Nimega fu sottoscritto il trattato tra Francia e Province Unite. Durante i negoziati volti al ristabilimento della pace, emerse chiaramente a tutti i convenuti che la politica di potenza esercitata dagli imperi continentali era stata sovrastata dalla strategia, al contempo energica e accorta, adottata dal regno britannico. Né ai governi assoluti né alle società del continente europeo risultò agevole affrontare l’inevitabile assestamento conseguente all’intensificazione degli scambi e al poderoso sviluppo dei mercati. La società di antico regime aveva prodotto strutture sociali rigide, fondate su corpi aristocratici guidati dallo Stato assoluto. Una sorta di Stato-caserma, organizzato per conseguire attraverso la guerra il possesso di territori sempre più ampi. Il coevo sconvolgimento della “coscienza europea” rappresentò l’occasione per una trasformazione nel profondo di strutture ed equilibri fin ad allora consolidati. Il trattato rivelò l’esaurimento delle ideologie solenni degli imperi continentali. Tuttavia indicò la possibilità di nuovi percorsi segnati da un pragmatismo più rispondente alla dinamicità delle grandi potenze commerciali, più propenso ad avvantaggiarsi della circolarità dei rapporti socio-economici e culturali in uno spazio composito e articolato. L’Europa, dunque, si dispose alla enucleazione di un sistema economico internazionale, capace di rimodellare le organizzazioni sociali esistenti. Il percorso, ancora inedito, risultò vantaggioso là dove si affermò una cultura maggiormente permeabile allo scambio, alla tolleranza, all’inclusione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.