Gli effetti del cambiamento climatico, segno più evidente della vulnerabilità ecosistemica, mettendo in evidenza «la fragilità concettuale del soggetto paradigmatico» costituiscono, paradossalmente, un ausilio concettuale nel processo di superamento «di una concezione esclusivamente umana del soggetto di diritto». Ma se è incontrovertibile il dato relativo al fatto che il riscaldamento globale abbia reso «quanto mai evidente, anche in contesti finora apparentemente immuni, sia la vulnerabilità dell’ambiente naturale, sia la vulnerabilità degli individui e delle comunità locali» è altrettanto vero che «il diritto internazionale stenta a trovare risposte adeguate, univoche ed effettive». Anche in quest’ambito, l’apparato concettuale sotteso alle normative internazionali mantiene pressoché «inalterato quell’approccio che vede l’essere umano come unico avente diritto, gerarchicamente superiore, principale referente e beneficiario di tutela, e, soprattutto non riesce ad affrontare adeguatamente tutte le ingiustizie ricollegabili a un tale genere di impostazione». D’altra parte, è innegabile che, a differenza dei (pur nobili) tentativi di proposta di riconoscimento di veri e propri diritti della natura, il ricorso al poderoso sistema di tutela internazionale dei diritti umani «può garantire un’effettività di tutela dell’ambiente naturale, difficilmente raggiungibile tramite strumenti alternativi». Ma è davvero possibile per un sistema vocato a una tutela pro persona perseguire obiettivi pro natura? Quella esposta non sarebbe una proposta utopica, dal momento che «a necessitare di un sostanziale ripensamento non sarebbe tanto lo strumento dei diritti umani in quanto tale, ma piuttosto la concezione stessa di “umano”». Infatti, l’idea astratta di soggetto umano «paradigmatico», «isolato dal contesto, idealmente invulnerabile e “proprietario” dell’ambiente naturale, dovrebbe lasciare spazio a una realtà concreta, quella della persona ecosistemicamente situé, ovvero, un essere relazionale, parte non solo della società in cui è inserito, ma anche di un più ampio ecosistema, con le cui altre componenti non umane condivide una comune condizione di vulnerabilità, e rispetto alle quali dovrebbe assumere il ruolo di “custode” e “garante”, a motivo della sua stessa sopravvivenza».
Vulnerabilità ecosistemica: potenzialità, limiti e prospettive del diritto internazionale
Lorubbio, Vincenzo
2023-01-01
Abstract
Gli effetti del cambiamento climatico, segno più evidente della vulnerabilità ecosistemica, mettendo in evidenza «la fragilità concettuale del soggetto paradigmatico» costituiscono, paradossalmente, un ausilio concettuale nel processo di superamento «di una concezione esclusivamente umana del soggetto di diritto». Ma se è incontrovertibile il dato relativo al fatto che il riscaldamento globale abbia reso «quanto mai evidente, anche in contesti finora apparentemente immuni, sia la vulnerabilità dell’ambiente naturale, sia la vulnerabilità degli individui e delle comunità locali» è altrettanto vero che «il diritto internazionale stenta a trovare risposte adeguate, univoche ed effettive». Anche in quest’ambito, l’apparato concettuale sotteso alle normative internazionali mantiene pressoché «inalterato quell’approccio che vede l’essere umano come unico avente diritto, gerarchicamente superiore, principale referente e beneficiario di tutela, e, soprattutto non riesce ad affrontare adeguatamente tutte le ingiustizie ricollegabili a un tale genere di impostazione». D’altra parte, è innegabile che, a differenza dei (pur nobili) tentativi di proposta di riconoscimento di veri e propri diritti della natura, il ricorso al poderoso sistema di tutela internazionale dei diritti umani «può garantire un’effettività di tutela dell’ambiente naturale, difficilmente raggiungibile tramite strumenti alternativi». Ma è davvero possibile per un sistema vocato a una tutela pro persona perseguire obiettivi pro natura? Quella esposta non sarebbe una proposta utopica, dal momento che «a necessitare di un sostanziale ripensamento non sarebbe tanto lo strumento dei diritti umani in quanto tale, ma piuttosto la concezione stessa di “umano”». Infatti, l’idea astratta di soggetto umano «paradigmatico», «isolato dal contesto, idealmente invulnerabile e “proprietario” dell’ambiente naturale, dovrebbe lasciare spazio a una realtà concreta, quella della persona ecosistemicamente situé, ovvero, un essere relazionale, parte non solo della società in cui è inserito, ma anche di un più ampio ecosistema, con le cui altre componenti non umane condivide una comune condizione di vulnerabilità, e rispetto alle quali dovrebbe assumere il ruolo di “custode” e “garante”, a motivo della sua stessa sopravvivenza».File | Dimensione | Formato | |
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