Può il giudice della prevenzione (ri)valutare i fatti già sondati in un procedimento penale definito con una pronuncia diversa dalla condanna? E ricondurre, così, il proposto in una categoria tipica di pericolosità per poi disporre una misura ablatoria? Sono interrogativi che muovono da una semplice constatazione: le condotte sintomatiche della pericolosità (artt. 1 e 4 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159) evocano fattispecie di reato, sicché la decisione del giudice penale è, per ciò solo, astrattamente idonea ad interferire con quella del giudice della prevenzione. La risposta della giurisprudenza, chiamata a confrontarsi con delicate scelte sistematiche, media tra i valori di certezza e stabilità dell’accertamento penale e l’esigenza di autonomia del giudizio di prevenzione.
“Interferenze cognitive” tra procedimento penale e procedimento di prevenzione
Del Giudice, Agnese
2023-01-01
Abstract
Può il giudice della prevenzione (ri)valutare i fatti già sondati in un procedimento penale definito con una pronuncia diversa dalla condanna? E ricondurre, così, il proposto in una categoria tipica di pericolosità per poi disporre una misura ablatoria? Sono interrogativi che muovono da una semplice constatazione: le condotte sintomatiche della pericolosità (artt. 1 e 4 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159) evocano fattispecie di reato, sicché la decisione del giudice penale è, per ciò solo, astrattamente idonea ad interferire con quella del giudice della prevenzione. La risposta della giurisprudenza, chiamata a confrontarsi con delicate scelte sistematiche, media tra i valori di certezza e stabilità dell’accertamento penale e l’esigenza di autonomia del giudizio di prevenzione.File | Dimensione | Formato | |
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