Abbandonata la strada della fiduciosa “attesa”, nonché quella del monito sollecitatorio rivolto al legislatore, la Corte costituzionale vira – anche in materia penale e penitenziaria – verso posizioni decisorie assai più incisive rispetto al passato, promuovendo un netto innalzamento nella tutela di principi e valori che contrassegnano il “volto costituzionale” del sistema penale. In questa prospettiva, navigando lungo la rotta tracciata dalla giurisprudenza della Corte Edu, i giudici costituzionali colgono l’occasione offerta dalla legge n. 3 del 2019 per traghettare le norme esecutive e penitenziarie, da sempre ancorate alla regola tempus regit actum, sotto l’egida del principio di irretroattività. Così, con lucide argomentazioni, che muovendo dalla salvaguardia delle esigenze di “prevedibilità” della pena giungono sino all’affermazione delle ragioni dello Stato di diritto, la Corte estende il perimetro dell’art. 25, comma 2, Cost. alle modifiche sfavorevoli degli istituti che, pur formalmente processuali, determinano una trasformazione della natura della pena. Si ha, dunque, la sensazione di trovarsi su una scacchiera, dove l’esigenza di garantire il principio di legalità costituzionale e la “passione del punire” animano i giocatori di una interminabile partita. Questa volta, però, la Consulta muove decisa lungo le caselle e dà scacco al Re.
La risposta della Corte costituzionale alla legge “spazzacorrotti”: scacco al Re!
Del Giudice, Agnese
2021-01-01
Abstract
Abbandonata la strada della fiduciosa “attesa”, nonché quella del monito sollecitatorio rivolto al legislatore, la Corte costituzionale vira – anche in materia penale e penitenziaria – verso posizioni decisorie assai più incisive rispetto al passato, promuovendo un netto innalzamento nella tutela di principi e valori che contrassegnano il “volto costituzionale” del sistema penale. In questa prospettiva, navigando lungo la rotta tracciata dalla giurisprudenza della Corte Edu, i giudici costituzionali colgono l’occasione offerta dalla legge n. 3 del 2019 per traghettare le norme esecutive e penitenziarie, da sempre ancorate alla regola tempus regit actum, sotto l’egida del principio di irretroattività. Così, con lucide argomentazioni, che muovendo dalla salvaguardia delle esigenze di “prevedibilità” della pena giungono sino all’affermazione delle ragioni dello Stato di diritto, la Corte estende il perimetro dell’art. 25, comma 2, Cost. alle modifiche sfavorevoli degli istituti che, pur formalmente processuali, determinano una trasformazione della natura della pena. Si ha, dunque, la sensazione di trovarsi su una scacchiera, dove l’esigenza di garantire il principio di legalità costituzionale e la “passione del punire” animano i giocatori di una interminabile partita. Questa volta, però, la Consulta muove decisa lungo le caselle e dà scacco al Re.File | Dimensione | Formato | |
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