La parola-paesaggio – la parola che descrive un paesaggio, ma che anche lo interroga, lo metabolizza o lo (ri)crea – è il processo semiotico attraverso cui uno spazio fisico transita in una rappresentazione letteraria. La storia di un paesaggio fatto di parole, un approccio stratigrafico alle varie rappresentazioni che nel tempo sono state date di un determinato territorio, può insegnarci che non esiste una sola cultura legata ai luoghi, e dunque un unico modo di osservarli e rappresentarli. Esiste invece una pluralità di prospettive, a volte sovrapponibili, a volte contraddittorie, che sta a noi trasformare non in roccaforti per la propaganda di arroganti mitografie identitarie ma in presidi di civiltà, in avamposti ospitali per un progetto culturale dialogico e inclusivo. A partire da queste considerazioni, il libro si sofferma su dieci scrittori – Luigi Corvaglia, Vittorio Bodini, Rina Durante, Nicola G. De Donno, Giacinto Spagnoletti, Angelo Lippo, Pasquale Pinto, Antonio L. Verri, Antonio Prete, Carmelo Bene – che nel corso del Novecento e oltre si sono confrontati, almeno in alcune delle loro opere più rappresentative, con un territorio ben delimitato: il Finisterre della penisola salentina, la cui particolare collocazione geografica può essere considerata, a seconda di come la si osservi su una mappa, ora come estrema periferia meridionale italiana e dell’Europa occidentale, ora come centro pressoché esatto del bacino del Mediterraneo, con tutte le differenze geopolitiche e culturali che queste due diverse prospettive possono comportare.

La parola paesaggio. Scritture del Finisterre

simone giorgino
2025-01-01

Abstract

La parola-paesaggio – la parola che descrive un paesaggio, ma che anche lo interroga, lo metabolizza o lo (ri)crea – è il processo semiotico attraverso cui uno spazio fisico transita in una rappresentazione letteraria. La storia di un paesaggio fatto di parole, un approccio stratigrafico alle varie rappresentazioni che nel tempo sono state date di un determinato territorio, può insegnarci che non esiste una sola cultura legata ai luoghi, e dunque un unico modo di osservarli e rappresentarli. Esiste invece una pluralità di prospettive, a volte sovrapponibili, a volte contraddittorie, che sta a noi trasformare non in roccaforti per la propaganda di arroganti mitografie identitarie ma in presidi di civiltà, in avamposti ospitali per un progetto culturale dialogico e inclusivo. A partire da queste considerazioni, il libro si sofferma su dieci scrittori – Luigi Corvaglia, Vittorio Bodini, Rina Durante, Nicola G. De Donno, Giacinto Spagnoletti, Angelo Lippo, Pasquale Pinto, Antonio L. Verri, Antonio Prete, Carmelo Bene – che nel corso del Novecento e oltre si sono confrontati, almeno in alcune delle loro opere più rappresentative, con un territorio ben delimitato: il Finisterre della penisola salentina, la cui particolare collocazione geografica può essere considerata, a seconda di come la si osservi su una mappa, ora come estrema periferia meridionale italiana e dell’Europa occidentale, ora come centro pressoché esatto del bacino del Mediterraneo, con tutte le differenze geopolitiche e culturali che queste due diverse prospettive possono comportare.
2025
9788833292298
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