Il contributo analizza la costruzione giuridica dello spazio urbano nel passaggio tra città e nazione, proponendo una rilettura critica del pensiero giuridico occidentale anteriore ai processi di nation-building ottocenteschi. A partire da autori come Emer de Vattel e Immanuel Kant, si evidenzia la centralità dello spazio e del tempo nella definizione dell’appartenenza: il radicamento progressivo dell’abitare, la distinzione tra cittadinanza e residenza stabile, la condizione intermedia degli habitants perpétuels e il diritto cosmopolitico di visita aprono a modelli di inclusione più articolati rispetto alla rigida dicotomia cittadino-straniero. La riflessione si intreccia con i primi ragionamenti sociologici e urbanistici sulla città moderna, offrendo una genealogia alternativa alla lettura statocentrica dell’Ottocento. L’urgenza di riaprire queste traiettorie si misura oggi nel ripensamento dell’abitare come esperienza giuridicamente significativa, capace di mettere in crisi la naturalizzazione dei confini nazionali. Il saggio invita a recuperare quelle categorie giuridiche premoderne in cui lo straniero poteva abitare senza dover appartenere, e in cui la città non era ancora subordinata alla logica nazionale, ma era spazio vivo di confronto, coabitazione e trasformazione delle soggettività politiche.

Dalla città alla nazione. Ripensare lo spazio urbano nell’Ottocento

Augusti, Eliana
2025-01-01

Abstract

Il contributo analizza la costruzione giuridica dello spazio urbano nel passaggio tra città e nazione, proponendo una rilettura critica del pensiero giuridico occidentale anteriore ai processi di nation-building ottocenteschi. A partire da autori come Emer de Vattel e Immanuel Kant, si evidenzia la centralità dello spazio e del tempo nella definizione dell’appartenenza: il radicamento progressivo dell’abitare, la distinzione tra cittadinanza e residenza stabile, la condizione intermedia degli habitants perpétuels e il diritto cosmopolitico di visita aprono a modelli di inclusione più articolati rispetto alla rigida dicotomia cittadino-straniero. La riflessione si intreccia con i primi ragionamenti sociologici e urbanistici sulla città moderna, offrendo una genealogia alternativa alla lettura statocentrica dell’Ottocento. L’urgenza di riaprire queste traiettorie si misura oggi nel ripensamento dell’abitare come esperienza giuridicamente significativa, capace di mettere in crisi la naturalizzazione dei confini nazionali. Il saggio invita a recuperare quelle categorie giuridiche premoderne in cui lo straniero poteva abitare senza dover appartenere, e in cui la città non era ancora subordinata alla logica nazionale, ma era spazio vivo di confronto, coabitazione e trasformazione delle soggettività politiche.
2025
979-12-211-6412-1
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