Questo contributo intende trattare la pesca c.d. illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN), dalla prospettiva degli obblighi di due diligence delle imprese. La pesca INN è un’attività, che minaccia gli ecosistemi marini e la sussistenza delle popolazioni che vivono di pesca e può vedere il ricorso a lavoro forzato e minorile. Essa è stata regolata a livello internazionale principalmente col fine suggerire agli Stati misure di contrasto. Anche l’Unione Europea che, nella politica comune della pesca, pone al centro la conservazione e lo sfruttamento delle risorse acquatiche in maniera sostenibile, ha disciplinato la pesca INN, mediante il Regolamento 1005/2008. Tale strumento, ha quali principali destinatari gli Stati, tenuti all’adozione di misure in grado di prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca INN. Anche la tracciabilità dei prodotti ittici, mediante il controllo delle catene di approvvigionamento dal punto di cattura al punto di vendita, si rivela fondamentale nel contrasto alla pesca illegale. In tali questioni la disciplina della condotta dei privati appare centrale e questo contributo intende investigare tale prospettiva. In primo luogo, si offrirà un inquadramento della questione a livello internazionale. Il codice “PAS 1550:2017”, nato dalla collaborazione tra rappresentanti dell’industria ittica, Environmental Justice Foundation (EJF), The Pew Charitable Trusts, Oceana e WWF, fornisce alle imprese delle raccomandazioni per l’esercizio della propria due diligence, al fine di aiutarle a valutare e mitigare i rischi della pesca INN all’interno della propria catena di approvvigionamento. Il contributo si svilupperà poi nella disamina critica della disciplina europea rilevante. Il Legislatore europeo, in materia di imprese e diritti umani, ha rafforzato negli ultimi anni lo strumento della due diligence. In particolare, la proposta di direttiva sulla Human Rights Corporate Due Diligence intende rendere vincolante per le imprese l’obbligo di individuare, prevenire ed evitare impatti negativi, potenziali o effettivi, sui diritti umani e l’ambiente, all’interno dell’intera catena di approvvigionamento. La pesca trova collocazione tra le categorie definite ad alto rischio, per le quali la direttiva avrà un ambito di applicazione più ampio, riferendosi anche ad imprese con numeri di dipendenti ed entità di fatturato minori rispetto alle altre categorie commerciali. Anche la proposta di Regolamento riguardante il divieto all’interno del mercato unionale di prodotti derivanti da lavoro forzato, che pur richiama il meccanismo di due diligence, potrebbe contribuire alle politiche di contrasto alla pesca insostenibile. Si tratta di valutare come il termine “prodotto” (che la proposta di regolamento definisce quale “qualsiasi bene derivante da estrazione, raccolta, produzione o fabbricazione”) possa essere riferito anche alla pesca. Si valuterà, dunque, come la pesca INN rilevi negli atti in corso di formazione in UE in materia di attività commerciali. Sarebbe, infatti, auspicabile l’inclusione di convenzioni internazionali riguardanti la pesca, come la convenzione ILO sul lavoro marittimo, all’interno dell’allegato alla proposta di direttiva sulla HRDD. Così come l’assenza del settore della pesca nella proposta di regolamento che bandisce dal mercato dell’Unione Europea i prodotti derivanti dal lavoro forzato si potrebbe rivelare una lacuna di non poco conto.

Il ruolo dei privati per una pesca più sostenibile: lo strumento della due diligence nel quadro della regolamentazione UE

Perrone, Nadia
2024-01-01

Abstract

Questo contributo intende trattare la pesca c.d. illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN), dalla prospettiva degli obblighi di due diligence delle imprese. La pesca INN è un’attività, che minaccia gli ecosistemi marini e la sussistenza delle popolazioni che vivono di pesca e può vedere il ricorso a lavoro forzato e minorile. Essa è stata regolata a livello internazionale principalmente col fine suggerire agli Stati misure di contrasto. Anche l’Unione Europea che, nella politica comune della pesca, pone al centro la conservazione e lo sfruttamento delle risorse acquatiche in maniera sostenibile, ha disciplinato la pesca INN, mediante il Regolamento 1005/2008. Tale strumento, ha quali principali destinatari gli Stati, tenuti all’adozione di misure in grado di prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca INN. Anche la tracciabilità dei prodotti ittici, mediante il controllo delle catene di approvvigionamento dal punto di cattura al punto di vendita, si rivela fondamentale nel contrasto alla pesca illegale. In tali questioni la disciplina della condotta dei privati appare centrale e questo contributo intende investigare tale prospettiva. In primo luogo, si offrirà un inquadramento della questione a livello internazionale. Il codice “PAS 1550:2017”, nato dalla collaborazione tra rappresentanti dell’industria ittica, Environmental Justice Foundation (EJF), The Pew Charitable Trusts, Oceana e WWF, fornisce alle imprese delle raccomandazioni per l’esercizio della propria due diligence, al fine di aiutarle a valutare e mitigare i rischi della pesca INN all’interno della propria catena di approvvigionamento. Il contributo si svilupperà poi nella disamina critica della disciplina europea rilevante. Il Legislatore europeo, in materia di imprese e diritti umani, ha rafforzato negli ultimi anni lo strumento della due diligence. In particolare, la proposta di direttiva sulla Human Rights Corporate Due Diligence intende rendere vincolante per le imprese l’obbligo di individuare, prevenire ed evitare impatti negativi, potenziali o effettivi, sui diritti umani e l’ambiente, all’interno dell’intera catena di approvvigionamento. La pesca trova collocazione tra le categorie definite ad alto rischio, per le quali la direttiva avrà un ambito di applicazione più ampio, riferendosi anche ad imprese con numeri di dipendenti ed entità di fatturato minori rispetto alle altre categorie commerciali. Anche la proposta di Regolamento riguardante il divieto all’interno del mercato unionale di prodotti derivanti da lavoro forzato, che pur richiama il meccanismo di due diligence, potrebbe contribuire alle politiche di contrasto alla pesca insostenibile. Si tratta di valutare come il termine “prodotto” (che la proposta di regolamento definisce quale “qualsiasi bene derivante da estrazione, raccolta, produzione o fabbricazione”) possa essere riferito anche alla pesca. Si valuterà, dunque, come la pesca INN rilevi negli atti in corso di formazione in UE in materia di attività commerciali. Sarebbe, infatti, auspicabile l’inclusione di convenzioni internazionali riguardanti la pesca, come la convenzione ILO sul lavoro marittimo, all’interno dell’allegato alla proposta di direttiva sulla HRDD. Così come l’assenza del settore della pesca nella proposta di regolamento che bandisce dal mercato dell’Unione Europea i prodotti derivanti dal lavoro forzato si potrebbe rivelare una lacuna di non poco conto.
2024
9791259769077
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11587/557927
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