Musei etnografici e antropologici espongono spesso collezioni di maschere e piccole statue originariamente utilizzate come strumenti funzionali alle celebrazioni di rituali in determinati contesti socioculturali. Quando l’oggetto-maschera viene musealizzato esso perde il suo status originario: da oggetto performante, vivente e funzionale al rituale, si trasforma in un oggetto museale accessibile a visitatori appartenenti a un tessuto socioculturale altro rispetto a quello in cui il rito di riferimento viene celebrato. Inoltre, la maschera musealizzata diventa un oggetto statico che sottolinea l’assenza del corpo dell’attore-attuante, facendo trasparire l’evidenza archeologica dell’azione rituale. Dal momento che uno dei compiti delle istituzioni museali è quello di interpretare ed esibire il patrimonio culturale materiale e immateriale, comunicandolo attraverso varie esperienze e offrendo al visitatore possibilità di riflessione e condivisione della conoscenza, è necessario che la teoria museologica e l’impianto museografico-espositivo riconnettano l’oggetto-maschera all’azione rituale e al contesto socioculturale di provenienza. Avvalendosi delle teorie elaborate nell’ambito dei performance studies e della nuova teatrologia, della museologia e della museografia, e individuando come caso di studio la collezione di maschere sanni del Museo di Etnomedicina A. Scarpa dell’Università degli Studi di Genova, l’articolo intende esaminare tali problematiche, al fine di suggerire possibili soluzioni atte alla tutela, alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale immateriale, in linea con la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, stipulata dall’UNESCO nel 2003.

L'oggetto-maschera

Simone Dragone
2025-01-01

Abstract

Musei etnografici e antropologici espongono spesso collezioni di maschere e piccole statue originariamente utilizzate come strumenti funzionali alle celebrazioni di rituali in determinati contesti socioculturali. Quando l’oggetto-maschera viene musealizzato esso perde il suo status originario: da oggetto performante, vivente e funzionale al rituale, si trasforma in un oggetto museale accessibile a visitatori appartenenti a un tessuto socioculturale altro rispetto a quello in cui il rito di riferimento viene celebrato. Inoltre, la maschera musealizzata diventa un oggetto statico che sottolinea l’assenza del corpo dell’attore-attuante, facendo trasparire l’evidenza archeologica dell’azione rituale. Dal momento che uno dei compiti delle istituzioni museali è quello di interpretare ed esibire il patrimonio culturale materiale e immateriale, comunicandolo attraverso varie esperienze e offrendo al visitatore possibilità di riflessione e condivisione della conoscenza, è necessario che la teoria museologica e l’impianto museografico-espositivo riconnettano l’oggetto-maschera all’azione rituale e al contesto socioculturale di provenienza. Avvalendosi delle teorie elaborate nell’ambito dei performance studies e della nuova teatrologia, della museologia e della museografia, e individuando come caso di studio la collezione di maschere sanni del Museo di Etnomedicina A. Scarpa dell’Università degli Studi di Genova, l’articolo intende esaminare tali problematiche, al fine di suggerire possibili soluzioni atte alla tutela, alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale immateriale, in linea con la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, stipulata dall’UNESCO nel 2003.
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