L’articolo studia la fortuna, nella nostra narrativa, letteratura di viaggio, saggistica e prosa d’arte durante il ventennio fascista, di una formula interpretativa della civiltà americana coniata da Beniamino De Ritis, grande giornalista e inviato negli Stati Uniti, oggi non più ricordato. Da Emilio Cecchi a Mario Soldati, da Delfino Cinelli a Mario Carli, da Mario Taddei fino all’ultimo Pirandello, ciò che affascina e ripugna al tempo stesso dell’”american way of life” e che ne caricaturizza la raffigurazione (con esiti, in “America amara” di Cecchi, quasi straniti e lunari, drammaticamente paradossali), è il fenomeno della “doppia coscienza”, che trovò abbozzo d’analisi già in Toqueville e che, prima che in Adorno, ebbe critici acuti in Francia, in Duhamel e in Morand, in libri di viaggio di poco precedenti quelli presi in esame nell’articolo. Si tratta dell’astratta separatezza fra intransigente moralismo puritano e schematica anomia del corpo il quale, svalorizzato metafisicamente, viene pertanto "lasciato libero di peccare", sottratto al giudizio etico e piegato al mito dell’efficienza, tanto sportiva quanto sessuale, cui gli scrittori italiani succitati (in un clima di ambigua "détente" del fascismo verso la realtà politica ed economica americana) oppongono un modello valoriale di integrazione di res extensa e res cogitans, di organicità insomma, della civiltà latina. Oltre a un'innovante rilettura di "America amara", l'articolo produce la riscoperta allo studio critico di autori come il notevole eppure dimenticatissimo Cinelli o come un fantasioso celebratore di fittizie glorie del regime quale Carli, che meriterebbe maggiore attenzione da parte degli specialisti di Trivialliteratur e di letteratura di propaganda.
"Mente puritana in corpo pagano" Una formula per l'America nell'Italia fascista tra Emilio Cecchi e Delfino Cinelli
PUCCETTI, Valter Leonardo
2008-01-01
Abstract
L’articolo studia la fortuna, nella nostra narrativa, letteratura di viaggio, saggistica e prosa d’arte durante il ventennio fascista, di una formula interpretativa della civiltà americana coniata da Beniamino De Ritis, grande giornalista e inviato negli Stati Uniti, oggi non più ricordato. Da Emilio Cecchi a Mario Soldati, da Delfino Cinelli a Mario Carli, da Mario Taddei fino all’ultimo Pirandello, ciò che affascina e ripugna al tempo stesso dell’”american way of life” e che ne caricaturizza la raffigurazione (con esiti, in “America amara” di Cecchi, quasi straniti e lunari, drammaticamente paradossali), è il fenomeno della “doppia coscienza”, che trovò abbozzo d’analisi già in Toqueville e che, prima che in Adorno, ebbe critici acuti in Francia, in Duhamel e in Morand, in libri di viaggio di poco precedenti quelli presi in esame nell’articolo. Si tratta dell’astratta separatezza fra intransigente moralismo puritano e schematica anomia del corpo il quale, svalorizzato metafisicamente, viene pertanto "lasciato libero di peccare", sottratto al giudizio etico e piegato al mito dell’efficienza, tanto sportiva quanto sessuale, cui gli scrittori italiani succitati (in un clima di ambigua "détente" del fascismo verso la realtà politica ed economica americana) oppongono un modello valoriale di integrazione di res extensa e res cogitans, di organicità insomma, della civiltà latina. Oltre a un'innovante rilettura di "America amara", l'articolo produce la riscoperta allo studio critico di autori come il notevole eppure dimenticatissimo Cinelli o come un fantasioso celebratore di fittizie glorie del regime quale Carli, che meriterebbe maggiore attenzione da parte degli specialisti di Trivialliteratur e di letteratura di propaganda.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.