La tesi di M. F. è che, per quanto né Bergson né Péguy siano automaticamente inseriti in quel sapere che si definisce “Storia delle dottrine politiche” e, anzi, l’uno e l’altro siano stati accusati di aver sconfinato nella “mistica”, e talvolta, nell’irrazionalismo e in una impropria forma di teologia, e per questo considerati fuori dall’ambito squisitamente politico, proprio l’uno e l’altro presentano un radicale interesse per “il modo in cui i molti stanno insieme” - come Hannah Arendt definirà la sfera politica -. Questo pone i due autori francesi al centro di una originale e, per certi versi precorritrice, analisi politica e sociale. Nella teorizzazione péguyana, dove è chiaro l’influsso di Bergson, non si parla né di rappresentanze né di élites politiche, perché nella città socialista, da lui proposta, tutti i soggetti sono attori. Il riconoscimento dell’altro non passa, quindi, da devianti genericismi, né da moralistici “dialoghi” con l’altro, attraverso vie comunicative in seguito indicate (vedi Habermas e Otto Apel), perché la democrazia non ha né si basa su caratterizzazioni cognitive, ma in una continuità di strategie sociali e mondo vissuto nella comunità.
Echi politici del rapporto tra Péguy e Bergson
FORCINA, Marisa
2007-01-01
Abstract
La tesi di M. F. è che, per quanto né Bergson né Péguy siano automaticamente inseriti in quel sapere che si definisce “Storia delle dottrine politiche” e, anzi, l’uno e l’altro siano stati accusati di aver sconfinato nella “mistica”, e talvolta, nell’irrazionalismo e in una impropria forma di teologia, e per questo considerati fuori dall’ambito squisitamente politico, proprio l’uno e l’altro presentano un radicale interesse per “il modo in cui i molti stanno insieme” - come Hannah Arendt definirà la sfera politica -. Questo pone i due autori francesi al centro di una originale e, per certi versi precorritrice, analisi politica e sociale. Nella teorizzazione péguyana, dove è chiaro l’influsso di Bergson, non si parla né di rappresentanze né di élites politiche, perché nella città socialista, da lui proposta, tutti i soggetti sono attori. Il riconoscimento dell’altro non passa, quindi, da devianti genericismi, né da moralistici “dialoghi” con l’altro, attraverso vie comunicative in seguito indicate (vedi Habermas e Otto Apel), perché la democrazia non ha né si basa su caratterizzazioni cognitive, ma in una continuità di strategie sociali e mondo vissuto nella comunità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.