Il 1° giugno del 1972, il presidente della Repubblica irachena, il generale Ahmed Hasan al-Bakr, annunciò la decisione del governo di Baghdad di nazionalizzare le attività petrolifere della Iraq Petroleum Company (Ipc), società partecipata da alcune delle maggiori compagnie internazionali e detentrice, fino ad allora, della concessione per lo sfruttamento di alcuni dei giacimenti più ricchi dell’intero Medio Oriente. La nazionalizzazione dell’Ipc poneva fine a un lungo contenzioso tra le multinazionali e i vari governi iracheni, che si erano succeduti al potere dopo la fine della monarchia hashemita nel 1958. Motivo del confronto era stato il tentativo da parte delle autorità irachene di riequilibrare il rapporto con le compagnie petrolifere nella gestione delle immense ricchezze presenti nel sottosuolo del paese, affinché, contrariamente a quanto accaduto per decenni, la maggior parte dei notevoli profitti derivanti dallo sfruttamento delle riserve di greggio non finisse più nelle casse delle major, bensì in quelle dello Stato iracheno. In quello stesso periodo, tra il marzo 1972 e il febbraio 1973, mentre maturava la decisione del governo iracheno di nazionalizzare l’Ipc, la compagnia petrolifera di Stato (Iraq National Oil Company – Inoc) firmava un accordo quadro, un memorandum d’intesa e un protocollo aggiuntivo con l’Ente Nazionale Idrocarburi (Eni), holding pubblica italiana attiva nel settore dell’energia, per la vendita di 20 milioni di tonnellate di greggio nell’arco di 10 anni, in cambio della fornitura di beni e servizi da parte delle società del gruppo Eni e di altre imprese coordinate dall’ente italiano. L’intesa tra l’Inoc e l’Eni concludeva un processo negoziale lungo e complicato, durante il quale le due parti avevano più volte cambiato strategie e obiettivi, subendo le pressioni delle major europee e nordamericane, che per decenni avevano dominato il settore petrolifero iracheno. L’accordo, oltre ad avere rilevanza economica, sembrava essere perfettamente in linea con la politica mediorientale seguita dai governi italiani dopo la guerra arabo-israeliana del giugno 1967, caratterizzata dalla ricerca dell’equidistanza tra i belligeranti, da una parte, e dalla volontà di essere presenti in un quadrante importante per gli interessi nazionali, dall’altra. Tuttavia, l’intesa petrolifera italo-irachena sottoscritta nel 1972 si rivelò non del tutto corrispondente né alle iniziali aspettative della dirigenza dell’Eni, dimostratasi talvolta incerta nel corso dei negoziati, né alle aspirazioni della politica italiana, la quale, a dire il vero, nell’azione di sostegno collaterale alle iniziative della compagnia di Stato, non agì sempre con linearità e determinazione. Incertezze e incoerenze, che in realtà non erano motivate da una mancanza di attenzione verso la politica e il settore petrolifero iracheni, ma dalla debolezza complessiva del sistema paese, che, proprio tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, entrò in una profonda crisi politica, economica e sociale, destinata a durare per tutto il decennio successivo.
L’Eni e la questione petrolifera in Iraq negli anni Sessanta
BUCARELLI, MASSIMO
2013-01-01
Abstract
Il 1° giugno del 1972, il presidente della Repubblica irachena, il generale Ahmed Hasan al-Bakr, annunciò la decisione del governo di Baghdad di nazionalizzare le attività petrolifere della Iraq Petroleum Company (Ipc), società partecipata da alcune delle maggiori compagnie internazionali e detentrice, fino ad allora, della concessione per lo sfruttamento di alcuni dei giacimenti più ricchi dell’intero Medio Oriente. La nazionalizzazione dell’Ipc poneva fine a un lungo contenzioso tra le multinazionali e i vari governi iracheni, che si erano succeduti al potere dopo la fine della monarchia hashemita nel 1958. Motivo del confronto era stato il tentativo da parte delle autorità irachene di riequilibrare il rapporto con le compagnie petrolifere nella gestione delle immense ricchezze presenti nel sottosuolo del paese, affinché, contrariamente a quanto accaduto per decenni, la maggior parte dei notevoli profitti derivanti dallo sfruttamento delle riserve di greggio non finisse più nelle casse delle major, bensì in quelle dello Stato iracheno. In quello stesso periodo, tra il marzo 1972 e il febbraio 1973, mentre maturava la decisione del governo iracheno di nazionalizzare l’Ipc, la compagnia petrolifera di Stato (Iraq National Oil Company – Inoc) firmava un accordo quadro, un memorandum d’intesa e un protocollo aggiuntivo con l’Ente Nazionale Idrocarburi (Eni), holding pubblica italiana attiva nel settore dell’energia, per la vendita di 20 milioni di tonnellate di greggio nell’arco di 10 anni, in cambio della fornitura di beni e servizi da parte delle società del gruppo Eni e di altre imprese coordinate dall’ente italiano. L’intesa tra l’Inoc e l’Eni concludeva un processo negoziale lungo e complicato, durante il quale le due parti avevano più volte cambiato strategie e obiettivi, subendo le pressioni delle major europee e nordamericane, che per decenni avevano dominato il settore petrolifero iracheno. L’accordo, oltre ad avere rilevanza economica, sembrava essere perfettamente in linea con la politica mediorientale seguita dai governi italiani dopo la guerra arabo-israeliana del giugno 1967, caratterizzata dalla ricerca dell’equidistanza tra i belligeranti, da una parte, e dalla volontà di essere presenti in un quadrante importante per gli interessi nazionali, dall’altra. Tuttavia, l’intesa petrolifera italo-irachena sottoscritta nel 1972 si rivelò non del tutto corrispondente né alle iniziali aspettative della dirigenza dell’Eni, dimostratasi talvolta incerta nel corso dei negoziati, né alle aspirazioni della politica italiana, la quale, a dire il vero, nell’azione di sostegno collaterale alle iniziative della compagnia di Stato, non agì sempre con linearità e determinazione. Incertezze e incoerenze, che in realtà non erano motivate da una mancanza di attenzione verso la politica e il settore petrolifero iracheni, ma dalla debolezza complessiva del sistema paese, che, proprio tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, entrò in una profonda crisi politica, economica e sociale, destinata a durare per tutto il decennio successivo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.